#ANARCHIA E ONERE DELLA PROVA
Le rare volte che mi capita di parlare di politica con chi conosce le mie opinioni (chi le conosce generalmente parla con me del tempo, della famiglia e cose così) pesa sempre su di me l’onere della prova. Essendo l’anarchia estranea alle società moderne e opponendosi alle più diffuse convinzioni stataliste è curioso il fatto che spetti all’anarchico dimostrare come il suo sistema possa funzionare e, di fronte ai celebri fallimenti dello stato, nessuno dei suoi sostenitori senta il dovere di motivarne l’esistenza.
Ad ogni modo, quando un anarchico parla con un non-anarchico, il passatempo preferito di quest’ultimo diventa quello di passare al setaccio ogni dettaglio di quanto dice il primo, nella speranza di trovare qualcosa a cui egli non sappia rispondere. Un modo pigro di condurre una discussione, privo di sostanza e di originalità nonché un tantino maleducato.
Comunque, a chi spetta l’onere della prova? La regola vuole che chiunque faccia un’affermazione positiva a riguardo della realtà (ad esempio, l’esistenza di qualcosa di specifico) abbia poi il dovere di dimostrarlo. Se la verità di quell’affermazione viene dimostrata, allora la sua negazione è quella che si fa carico della prova. Ad esempio, supponiamo che io dica che c’è un albero sulla luna. Non sarebbe un’affermazione straordinaria giacché l’esistenza di quell’albero non stravolgerebbe, almeno momentaneamente, le leggi della fisica, ed inoltre la mia affermazione non sarebbe supportata dall’evidenza empirica. Sarebbe, pertanto, un’affermazione immaginaria che qualsiasi persona assennata dovrebbe rifiutare per la sua debolezza intrinseca. In questo caso sarei io a dovermi fare carico di dimostrare che sulla luna c’è un albero.
Ma supponiamo che quell’albero sia stato piantato da degli astronauti, supponiamo di avere la prova che sia così e l’esistenza dell’albero sia confermata da una successiva missione spaziale. Ora, l’onere della prova spetta a chi nega che l’albero esista. In pratica, chi ha fatto l’affermazione positiva ora può dire che l’onere della prova è stato soddisfatto.
Allo stesso modo, anarchismo e statalismo rappresentano affermazioni opposte. Lo statalista crede ed afferma che lo stato sia desiderabile, indispensabile e necessario, l’anarchico pensa il contrario.
La domanda è: lo statalista ha soddisfatto l’onere della prova?
Ci sono due modi per dimostrare un’affermazione: il primo è mediante osservazioni personali, i secondo mediante principi da cui successivamente si deducono una serie di osservazioni.
Lo statalista fallisce su entrambi i fronti.
Se lo statalismo fosse desiderabile e necessario, allora osservando la storia degli stati-nazione, dovremmo scoprire che i sistemi statalisti favoriscono l’espressione dei valori individuali, della vita e delle ambizioni delle persone. In realtà vediamo tutt’altro: vediamo che nei tempi quelle città, quei paesi e quegli imperi sono stati più oppressivi e violenti, mentre le pochesocietà anarchiche ad oggi conosciute risultano essere meno violente e più progredite (in termini di diritti individuali). Dovremmo anche costatare che le dinamiche dello statalismo dovrebbero condurre ad una sostanziale pace sociale più efficacemente delle società anarchiche. Ma ancora una volta troveremo che Monarchie, Democrazie e Dittature hanno sempre sostenuto le classi ed i ceti che le supportavano, favorendo privilegi particolari anziché perseguire un sistema di valori universale.
Del resto, come per gli latri monopoli, anche quello della forza, impedisce il confronto, la cooperazione, la concorrenza e quindi il progresso sociale e politico.
Le premesse dello statalismo sono immorali. Le versioni più estreme dello statalismo sostengono che l’egoismo innato dell’uomo debba essere soppresso in nome di un astratto “bene comune” (che nella pratica si traduce “ciò che la maggioranza ritiene buono”). Le versioni più soft invece sono quelle che affermano che lo stato deve soddisfare quei bisogni che i singoli individui privati non potrebbero soddisfare. Entrambe le posizioni però si fondano su un assunto trascendente: lo stato, mi si perdoni il bisticcio di parole, gode di uno status ontologico speciale che gli consente di imporsi sulla libera azione individuale. Si tratta di un palese nonsenso. Come può agire nell’interesse degli individui un soggetto che si impone sulla loro volontà?
Lo stato è foriero di malvagia, di corruzione e parassitismo, basta guardare la realtà per accorgersene e pertanto finchè gli argomenti a favore dello stato non vengono dimostrati empiricamente dai fatti, per logica è l’anarchia la nostra condizione naturale. È lo statalista che deve dimostrare la validità delle sue convinzioni e non l’anarchico, ed è sempre lui, casomai, che deve essere giudicato come complice di un’organizzazione che uccide, ruba e distrugge e non l’anarchico accusato di essere il fautore del tutti contro tutti.
Gli argomenti degli statalisti, possono essere facilemente rispediti al mittente e questo, in ultima analisi, rappresenta il difetto fatale del tentativo di giustificare la natura trascendente dello stato.
Ad ogni modo, quando un anarchico parla con un non-anarchico, il passatempo preferito di quest’ultimo diventa quello di passare al setaccio ogni dettaglio di quanto dice il primo, nella speranza di trovare qualcosa a cui egli non sappia rispondere. Un modo pigro di condurre una discussione, privo di sostanza e di originalità nonché un tantino maleducato.
Comunque, a chi spetta l’onere della prova? La regola vuole che chiunque faccia un’affermazione positiva a riguardo della realtà (ad esempio, l’esistenza di qualcosa di specifico) abbia poi il dovere di dimostrarlo. Se la verità di quell’affermazione viene dimostrata, allora la sua negazione è quella che si fa carico della prova. Ad esempio, supponiamo che io dica che c’è un albero sulla luna. Non sarebbe un’affermazione straordinaria giacché l’esistenza di quell’albero non stravolgerebbe, almeno momentaneamente, le leggi della fisica, ed inoltre la mia affermazione non sarebbe supportata dall’evidenza empirica. Sarebbe, pertanto, un’affermazione immaginaria che qualsiasi persona assennata dovrebbe rifiutare per la sua debolezza intrinseca. In questo caso sarei io a dovermi fare carico di dimostrare che sulla luna c’è un albero.
Ma supponiamo che quell’albero sia stato piantato da degli astronauti, supponiamo di avere la prova che sia così e l’esistenza dell’albero sia confermata da una successiva missione spaziale. Ora, l’onere della prova spetta a chi nega che l’albero esista. In pratica, chi ha fatto l’affermazione positiva ora può dire che l’onere della prova è stato soddisfatto.
Allo stesso modo, anarchismo e statalismo rappresentano affermazioni opposte. Lo statalista crede ed afferma che lo stato sia desiderabile, indispensabile e necessario, l’anarchico pensa il contrario.
La domanda è: lo statalista ha soddisfatto l’onere della prova?
Ci sono due modi per dimostrare un’affermazione: il primo è mediante osservazioni personali, i secondo mediante principi da cui successivamente si deducono una serie di osservazioni.
Lo statalista fallisce su entrambi i fronti.
Se lo statalismo fosse desiderabile e necessario, allora osservando la storia degli stati-nazione, dovremmo scoprire che i sistemi statalisti favoriscono l’espressione dei valori individuali, della vita e delle ambizioni delle persone. In realtà vediamo tutt’altro: vediamo che nei tempi quelle città, quei paesi e quegli imperi sono stati più oppressivi e violenti, mentre le pochesocietà anarchiche ad oggi conosciute risultano essere meno violente e più progredite (in termini di diritti individuali). Dovremmo anche costatare che le dinamiche dello statalismo dovrebbero condurre ad una sostanziale pace sociale più efficacemente delle società anarchiche. Ma ancora una volta troveremo che Monarchie, Democrazie e Dittature hanno sempre sostenuto le classi ed i ceti che le supportavano, favorendo privilegi particolari anziché perseguire un sistema di valori universale.
Del resto, come per gli latri monopoli, anche quello della forza, impedisce il confronto, la cooperazione, la concorrenza e quindi il progresso sociale e politico.
Le premesse dello statalismo sono immorali. Le versioni più estreme dello statalismo sostengono che l’egoismo innato dell’uomo debba essere soppresso in nome di un astratto “bene comune” (che nella pratica si traduce “ciò che la maggioranza ritiene buono”). Le versioni più soft invece sono quelle che affermano che lo stato deve soddisfare quei bisogni che i singoli individui privati non potrebbero soddisfare. Entrambe le posizioni però si fondano su un assunto trascendente: lo stato, mi si perdoni il bisticcio di parole, gode di uno status ontologico speciale che gli consente di imporsi sulla libera azione individuale. Si tratta di un palese nonsenso. Come può agire nell’interesse degli individui un soggetto che si impone sulla loro volontà?
Lo stato è foriero di malvagia, di corruzione e parassitismo, basta guardare la realtà per accorgersene e pertanto finchè gli argomenti a favore dello stato non vengono dimostrati empiricamente dai fatti, per logica è l’anarchia la nostra condizione naturale. È lo statalista che deve dimostrare la validità delle sue convinzioni e non l’anarchico, ed è sempre lui, casomai, che deve essere giudicato come complice di un’organizzazione che uccide, ruba e distrugge e non l’anarchico accusato di essere il fautore del tutti contro tutti.
Gli argomenti degli statalisti, possono essere facilemente rispediti al mittente e questo, in ultima analisi, rappresenta il difetto fatale del tentativo di giustificare la natura trascendente dello stato.
1 Comments:
Quanto hai ragione. Purtroppo l'ignoranza lascia continuare lo strapotere politico di chi vuole solo migliorarsi finanziariamente.
Per quanto riguarda il discorrere con non-anarchici ti appoggio in pieno, mi hai strappato un sorriso.
Fai un salto sul mio blog.
Ciao.
;)
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