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domenica, aprile 01, 2007

#FORMARE AWARENESS LIBERTARIA: L'UNIFORMITÀ

Vi sono tre ragioni per cui, secondo il mio parere, è difficile - o impossibile - persuadere le persone alle ragioni del libertarismo discutendo esclusivamente in termini di efficienza economica.

Primo, l’efficienza economica è sempre opinabile e, inevitabilmente, si fonda su dati tecnici oscuri per la maggior parte delle persone. Essa, inoltre, è soggetta alla peggiore opera di disinformazione da parte dello stato. In Italia, ad esempio, se si afferma che il libero mercato produce costi più bassi per quel che riguarda l’assistenza sanitaria, immancabilmente l’obiezione che viene portata è quella degli Stati Uniti, dove “si spende moltissimo per le cure mediche”. Tentare di confutare queste false informazioni richiede una notevole capacità di sviscerare la materia in dettagli di cui i nostri interlocutori probabilmente non hanno mai sentito parlare prima e che perciò vengono facilmente liquidati. Sostenere, poi, che l’assistenza sanitaria era più efficiente ed economica prima che lo stato se ne facesse carico è oltretutto improduttivo, giacché le persone possono ribattere facilmente che la tecnologia era meno avanzata, che c’erano meno anziani, che le aspettative di vita erano inferiori, i medicinali scarsi e così via. La discussione diventa incessante e noiosa, poiché richiede nozioni di statistica, conoscenze specialistiche ed una pazienza da monaci tibetani. Insomma, è molto facile uscire dal seminato mancando di spiegazioni chiare ed esaustive.

L’argomento dell’efficienza richiede anche la quasi onniscienza. Affermare che il mercato libero è più efficiente – e che tutte le inefficienze sono sempre attribuibili all’intervento dello stato – necessita la conoscenza dettagliata di innumerevoli discipline. Spiegare a qualcuno perché la disoccupazione del mezzogiorno è il risultato non (solo) della scadente imprenditorialità locale, ma dell’invasività statale, richiede almeno mezz’ora di tempo in cui tenere una conferenza di economia e storia. Non è una prospettiva allettante, specie per il malcapitato ascoltatore, il quale, se anche arrivasse alla fine del nostro dotto monologo, avrà semplicemente ascoltato un’interessante e parziale lezione di storia, ma difficilmente avrà la capacità di risalire da questi fatti ai principi fondamentali dell'economia. Per non parlare degli assiomi morali relativi alla violenza dello stato.

Si può essere esperti nell’argomentare contro la legislazione anti-monopolio in materia di software, ma se il nostro interlocutore si occupa di carpenteria pesante? O di agroalimentare? O di turismo? Ad un certo punto egli potrebbe iniziare a sbadigliare, noi a balbettare cose su cui non siamo preparati vedendoci costretti a virare la discussione sulla classifica di serie A.
Questo avviene anche perché molti difensori della libertà passano ininterrottamente dai libri, alle conferenze ai blog per cimentarsi con quanto hanno appreso rischiando di avvitarsi in un’interminabile ed autoreferenziale noia. Bisogna ammettere che per la maggior parte delle persone l’argomento dell’efficienza economica ha l’appeal di una sarda salata da suggere sotto l’ombrellone, a ferragosto.

La seconda ragione per cui questo approccio ha scarse possibilità di fare presa è che le persone non accetteranno mai il rischio di un radicale cambiamento sociale per amore di teorie economiche i cui benefici non potranno essere immediati. I difensori della libertà non devono mai dimenticare che giocano col fuoco quando parlano di “riorganizzazione” (il termine è improprio, lo so, ma in definitiva di questo si tratta) drastica della società. Buona parte di tali riorganizzazioni risulta piuttosto indigesta al cittadino medio. Le persone sono generalmente spaventate dai cambiamenti radicali e un rapido sguardo alla storia non mancherà di confermare che, in fondo, ne hanno ben donde. Un eventuale aumento dell’efficienza economica, per quanto realistico, non le persuaderà mai ad esporre il loro intero stile di vita al rischio di essere cancellato.

La terza ragione del perché il tema dell’efficienza difficilmente può dimostrarsi vincente è che le persone, in verità, non si preoccupano molto dell’efficienza economica. Un esempio su tutti? La paternità. Si può dire che avere figli sia economicamente efficiente? I figli comportano grandi responsabilità, impegni economici e si portano via un bel po’ di quel tempo che prima, magari, dedicavamo ai nostri passatempi, agli amici o al pub. Inoltre, pochi benefici portati dall’avere figli possono essere misurati dalla statistica economica. Le soddisfazioni umane, affettive e spirituali che un figlio può dare, del resto, sono così intime e profonde che talvolta si prova quasi imbarazzo tentando di descriverle. Eppure, sono questi gli argomenti che colpiscono le persone, non l’efficienza economica.

Ma, allora, se la questione dell’efficienza economica non funziona, cosa può far breccia nei cuori e nelle menti dei nostri ascoltatori? Secondo il mio personale parere, c’è un argomento che ha qualche probabilità di riuscita ed è quello che ho voluto chiamare la questione dell’uniformità.

Cos’è la questione dell’uniformità? Facciamo un esempio. Le persone credono sia morale per lo stato usare la forza al fine di prendere ai ricchi per dare ai poveri. Un argomento efficace contro tale convinzione è chiedere se questo possa considerarsi un principio uniformemente morale. Se la persona dice sì, allora deve convenire che chiunque può adottarlo. Un uomo povero può derubare un uomo ricco sotto la minaccia delle armi. Ogni persona che possiede meno di un’altra può aggredire quest’ultima e spararle, se oppone resistenza. È questo il tipo di mondo che essi auspicano? Non credo. Così, il principio secondo cui è giusto usare la violenza per redistribuire la ricchezza viene demolito. Non è più, quindi, un principio morale uniforme, ma qualcos’altro.

Una simile discussione non richiede affinate conoscenze di storia, di economia, di teoria politica o altre complicate discipline. Soprattutto non richiede che il nostro interlocutore sia ferrato in nessuno di questi argomenti. Tutto quel che serve, è la garbata persistenza della maieutica socratica.

Certo, con ogni probabilità la discussione non si esaurirà lì. Le persone ci incalzeranno con ogni genere di sciocchezza riguardo alla democrazia, alle decisioni collettive ed al trasferimento dell’autorità morale allo stato, ma si tratta di obiezioni facili da demolire: basta ricordare che lo stato non è nient’altro che un gruppo di individui.

Ancora, i contratti sottoscritti volontariamente sono moralmente vincolanti, mentre quelli imposti senza consenso non lo sono.
Cioè, se compriamo un terreno dobbiamo pagarlo, ma se acquistiamo una casa per un amico senza il suo consenso, poi non possiamo obbligarlo a pagare al posto nostro. Questo è un argomento che spiega perchè le decisioni accentrate ed imposte dalla democrazia sono fondamentalmente immorali.

Nella pratica questi esempi astratti come si traducono? Torniamo all’esempio dell’assistenza sanitaria. Molti libertari incontrano delle difficoltà a spiegare nei particolari la situazione americana, ma impostando la conversazione sul tema dell’uniformità il nostro dialogo potrebbe somigliare a questo:

L’assistenza sanitaria dovrebbe essere interamente privatizzata.

Ma è più costoso se non è lo stato ad occuparsene, guarda l’America!

Non credo sia così, ma se fosse? Chi ha diritto di stabilire quanto una persona deve spendere per l’assistenza sanitaria? In una società libera, le persone potrebbero decidere di spendere anche la metà o più del loro reddito per un servizio medico: come potremmo impedirgli di farlo?

Ma negli Stati Uniti 30 milioni di persone non hanno l’assicurazione contro le malattie.

Questo è il risultato delle orripilanti leggi del governo che fanno crescere il costo delle assicurazioni mentre i servizi rimangono gli stessi. Supponiamo invece che l’assicurazione sia puramente volontaria, che molte persone non la desiderino e che sia impossibile imporre loro di sottoscriverla: cosa accadrebbe? Un’elementare legge del mercato dice che i prezzi scenderebbero velocemente.

Ma le persone devono avere un servizio sanitario garantito!

Perché? Mettiamo il caso che l’assicurazione sia effettivamente molto costosa, per un giovane sano, abituato a muoversi con i mezzi anziché con l’auto, che conduce una vita regolare e non si dedica ad attività pericolose, prudente, sportivo, rispettoso di buone abitudini alimentari e così via. L’assicurazione per lui probabilmente non avrebbe alcun senso: molto meglio continuare a condurre una vita responsabile, risparmiare denaro da usare qualora si presenti l’evenienza di una malattia, o al limite assumersi il rischio di ammalarsi. L’assicurazione contro le malattie è una decisione molto personale. Penso sia superficiale, oltre che ingiusto, imporre una simile scelta a qualcun’altro.

Ma se il diciottenne si ammala e deve ricorrere alle cure di un ospedale pubblico, allora rappresenta un costo sociale!

Sì, al momento è vero, ma non sarebbe così se l’assistenza sanitaria fosse privata.

Quindi dovremmo lasciare morire le persone per strada?

No, suppongo che anche tu troveresti la cosa intollerabile.

Certo!

Quindi li aiuteresti?

Si, io lo farei, ma gli altri?

Perché pensi che gli altri non lo farebbero? Tutti ci preoccupiamo di queste cose. Il fatto stesso che l’accettazione dell’assistenza sanitaria nazionale sia tanto diffusa conferma che le persone si preoccupano sufficientemente di chi non è in grado di cavarsela da solo, non ti pare? Perciò, questo non dovrebbe essere un problema insuperabile. Ma, per amor di discussione, supponiamo che la maggioranza delle persone non si interessi realmente di chi è povero e viene lasciato morire per strada. In tal caso, dare allo stato più potere non servirebbe a granché dato che simili persone non voterebbero mai per politici che promettono di voler prendersi cura dei deboli. Inoltre, i politici stessi non farebbero nulla per i poveri di propria iniziativa perché, essendo anch’essi persone, secondo i tuoi sospetti sarebbero troppo misantropi per preoccuparsi di chi non ce la fa. Quindi, o le persone si preoccupano dei più poveri e sono disposte ad aiutarli volontariamente, oppure non lo faranno; nel qual caso, non sarà certo lo stato a farlo. L’intera questione della privatizzazione è che non si possono forzare le altre persone ad accettare la nostra visione del mondo, le nostre preferenze e le nostre inclinazioni psicologiche. Se tu ed altri come te desiderate che tutti possano avere cure mediche garantite io penso sia un cosa nobile e meravigliosa, ma allora forse dovresti fondare una compagnia di assicurazioni low-cost, o supportare qualcuno che lo faccia, oppure rinunciare a qualcosa per te e fare la carità, o magari diventare medico e lavorare due giorni la settimana gratis, o pagare un extra sulla tua polizza in modo da contribuire a ridurre le quietanze di chi è più povero di te. Ci sono migliaia di modi per aiutare gli altri. Ciò che a me sembra immorale è lo stato che forza le persone a pagare per i poveri affinché ottengano cure gratis, perché se è morale per lo stato forzare la carità, allora è morale per tutti. Significa che dovremmo garantire ai poveri il diritto di impugnare una pistola per rubare a chi ha più di loro il denaro per curarsi o per mangiare.


Certo, un simile approccio, ammesso che possa mai aver luogo, non è detto chiuda definitivamente la discussione. Tuttavia si può notare come la discussione possa procedere senza mai fare appello all’efficienza economica del libero mercato.
Una delle tecniche migliori per dibattere consiste nel dare per scontato che gli edifici concettuali del nostro interlocutore siano veri, dimostrando successivamente che se coerentemente applicati essi conducono a conclusioni assurde. Così, la questione secondo cui alcune persone (lo stato, i politici etc.) possono usare la forza a nome e per conto degli altri attraverso la tassazione può essere facilmente contraddetta dicendo che se questa è una cosa giusta allora tutti dovrebbero essere incoraggiati a fare lo stesso.
Lo stato allora non è necessario: una persona di sani principî morali non dovrebbe fare altro che sottomettersi alle minacce di chi sostiene di essere bisognoso e intende derubarla.

In conclusione, sono del parere che per i difensori della libertà sia giunto il momento di prendere commiato dalla pura discussione sull’efficienza economica. È stato un esercizio educativo dimostrare, almeno a noi stessi, che il mercato libero può realmente (e meglio) fornire tutti i beni ed i servizi attualmente offerti alla società dal potere brutale dello stato, ma questo non è abbastanza per motivare la crescita di un più grande movimento. Nella difficile marcia verso un mondo più libero, c’è bisogno di un messaggio più potente, persuasivo, immediato e comprensibile. La questione dell’uniformità potrebbe rappresentare un primo passo. In ogni caso, la nostra vera bandiera non può essere l’efficienza o l'uniformità, ma la moralità e la bontà che sprona e richiama naturalmente all’azione ogni intento nobile nell’animo degli uomini.

2 Comments:

Blogger pietro said...

Ma una degli ostacoli principali alla credibilità delle ragioni del libertarismo è che poi nel 99% dei casi concreti i suoi sostenitori, di fronte all' alternativa tra agire coerentemente con le proprie idee o approfittare di privilegi legati all'esistenza dello stato fanno giustamente sempre la seconda scelta.

6:56 PM  
Blogger H.I.M. said...

Sì, hai ragione. Conosco alcuni libertari che fanno i "ricercatori" all'università ed altri che parlano di bassi tassi di natalità e a 30 anni vivono ancora sulle spalle di mamma e papà. Ma non parlerei di venuta meno della credibilità del libertarismo, piuttosto limiterei la critica a quei libertari la cui incoerenza, tuttavia, nulla toglie alla validità della teoria. La quale, per inciso, a differenza del socialismo ha almeno il pregio di avvertire che la libertà ha un prezzo molto salato in termini di responsabilità e di duro lavoro.

Ciao.

7:20 PM  

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