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martedì, marzo 20, 2007

#CUL DE SAC

La questione della legittimità dello stato è il nocciolo della discussione filosofico-politica. Ma se lo stato non può essere legittimato, qual’è la soluzione?

La maggior parte delle persone oggi è giunta all’ovvia conclusione che lo stato sia il naturale guardiano della civiltà moderna e civilizzata. Tuttavia, gli statalisti spesso non prendono in considerazione il problema fondamentale della legittimità dello stato.
Filosoficamente, come si può legittimare un processo di decisioni centralizzato che richiede poteri senza limitazioni ed obbedienza assoluta entro un determinato territorio? Dopotutto, lo stato non è quel soggetto che detiene il diritto di decidere per un tot numero di persone, sia che esse approvino il suo operato oppure no?

Centrale, per la questione della legittimità dello stato è l’esistenza dello stato.
Pertanto, chiedersi quali aspetti della vita sociale possano essere incarichi giustificabili per l’apparato governativo non risolve il problema della legittimità giacché qualunque incarico è di per sé legittimo se si risponde prima che lo stato stesso è legittimo.

La domanda fondamentale da porsi è, quindi, se lo stato sia necessario esaminando le qualità e le capacità dello stato in rapporto a ciò che definiamo “stato di natura”.
Non è un’idea nuova: John Locke e Thomas Hobbes si posero questa domanda qualche secolo fa e John Rawls, tanto per citarne uno, ha fatto lo stesso nel ventesimo secolo. Purtroppo, questi tre pensatori, assieme a molti loro epigoni, sono giunti invariabilmente a conclusioni sbagliate.

Valutare lo stato di natura e la formazione degli apparati statali implica la formulazione di ipotesi riguardo all’uomo e, più precisamente, se esso sia fondamentalmente buono o cattivo. Sostenere che l’uomo è buono significa attribuirgli qualità come la razionalità e la moralità. Al contrario, considerarlo cattivo sottintende che esso sia irrazionale e immorale.

Se ci si attesta sulla convinzione che l’uomo sia di per sé buono, allora, filosoficamente, non ci dovrebbe essere alcun bisogno dello stato per garantire giustizia e libertà. Infatti, le persone buone per definizione non aggrediscono intenzionalmente altri individui, non danno inizio alle guerre e non violano i diritti altrui. Lo stato di natura in cui vivono le persone buone dovrebbe essere pertanto una società non molto dissimile ad un’armoniosa anarchia. Sostanzialmente, un modello di società in cui qualunque problema può essere risolto dalle persone che vi fanno parte.

Invece, se si segue la linea di pensiero di Locke ed Hobbes, la quale sostiene che l’uomo è intrinsecamente un essere irrazionale ed egoista, si arriva obbligatoriamente alla conclusione che è necessario un garante neutrale che salvaguardi la pace, i diritti e la giustizia. L’idea hobbesiana è in fondo questa: esiste la necessità ineluttabile di un governo delle persone finalizzata a garantire il rispetto dei diritti naturali e il cui compito è riportare l’ordine nel caos che caratterizza lo stato di natura.

Ma se l’uomo è di per se cattivo, egoisticamente miope, irrazionale e immorale, come può allora dare forma ad uno stato neutrale? Egli, casomai, data la sua natura irrazionale e prevaricatrice, sarà portato a costruire un apparato che si occupi di tutelare esclusivamente i suoi interessi opprimendo quelli degli altri. E il tentativo di anticipare le proteste di chi biasima il suo potere o tenta di impadronirsi delle sue strutture governative, in fin dei conti, andrebbe considerato semplicemente come razionale cooperazione finalizzata al perseguimento di interessi comuni.
Tuttavia, ciò non può essere se la razionalità è già stata scartata come qualità non-umana.

Poiché nello stato di natura hobbesiano è interesse di chiunque formare un governo che opprima gli altri al fine di impadronirsi dei loro beni, allora è in una simile situazione che la società sembra destinata a degenerare nella guerra e nel caos. Significa che la teoria hobbesiana sulla necessaria formazione del governo riporta indietro allo stato caotico della natura: un cerchio senza fine di oppressione e guerra.

La domanda fondamentale se l’uomo sia intrinsecamente buono o cattivo ottiene, quindi, una risposta univoca: non c’è legittimazione per lo stato, indipendentemente dalle qualità endogene all’essere umano, ovvero sia se l’uomo è buono, che significa che non ha bisogno di un governo, sia se è cattivo, la cui conseguenza logica consiste nell’impossibilità di formare uno stato neutrale.
Lo stato quindi può essere inteso unicamente come lo strumento con cui dare forma al tipo peculiare di società che qualcuno preferisce.

Gli statalisti non hanno mai preso in considerazione la fondamentale questione della legittimità dello stato. Essi semplicemente concepiscono la sua esistenza come una garanzia per realizzare i loro scopi. Nemmeno tentano di distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è; quel che è importante per loro non è ciò che è - o ciò che è stato -, ma quale tipo di società potranno creare con la forza. In tal modo la loro ideologia è fondata e razionale come una qualsiasi religione, basata cioè su dati fittizi che possono portare a qualunque conclusione.