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martedì, gennaio 16, 2007

#PROPRIETÀ INTELLETTUALE: DIRITTO NATURALE?

Cosa consente di qualificare un diritto come naturale? Onestamente, non ci avevo mai pensato prima, ma nella riflessione a margine della lettura del libro “La Forma del Futuro” di Bruce Sterling, spesso ho dovuto affrontare il tema dei diritti di proprietà intellettuale. I concetti di SPIME e BIOTE che l’autore introduce mi hanno indotto a pormi questa domanda e a tentare di dargli una risposta. Sono giunto ad un’ovvietà alberoniana: solo un diritto che un individuo può in genere riconoscere come effettivamente esistente in uno stato di natura può essere qualificato come diritto naturale. I diritti alla proprietà materiale – la proprietà di sé, dei beni mobili, delle proprietà terriere, dell’auto, etc – si qualificano chiaramente come diritti naturali sotto questo punto di vista: gli individui, infatti, possono difendere i loro diritti alla proprietà tangibile senza fare allo stato. Infatti, almeno in teoria, gli uomini dovrebbero aver dato forma agli stati non per “creare diritti”, ma per proteggere meglio quelli che già avevano.

Che dire allora di copyright e brevetti? Sono diritti naturali? No, e la risposta altrettanto lapalissiana è che per proteggerli (quindi amministrarli) si deve intervenire coercitivamente: l’iniziativa individuale non basta. Non solo, ma come può un diritto naturale essere concesso ad un solo uomo? Difatti, se io inventore della ruota, non potessi godere del mio ingegno solo perché un altro uomo che io non conosco dall’altra parte del pianeta ha avuto la stessa idea e l’ha registrata, significherebbe riconoscere solo a quell’uomo il diritto di usufruire di quell’idea. Sarebbe insomma, una violazione della mia autonomia e della mia facoltà intellettuale.

Inoltre, il regime di non-concorrenza delle idee che si instaura con il riconoscimento dei diritti di proprietà intellettuale è decisamente l’opposto di quello che avviene per la proprietà materiale, dove la produzione di beni è di fatto una competizione tra soggetti simili che si contendono una parte del mercato. Per finire, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, non tiene conto delle molteplici soluzioni strategiche, comunicative e contrattuali che oggigiorno consentono il posizionamento sul mercato di beni pressoché uguali, ma con differenti “indentità”. Insomma, in una società di mercato, è possibile valutare in denaro beni identici ma collocati diversamente, perchè impedirlo?