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giovedì, febbraio 01, 2007

#PARADOSSI ECONOMICI

Perché i diamanti costano più dell’acqua? In fondo, l’acqua è vitale per la sopravvivenza umana e tuttavia basta entrare in un bar e chiederne un bicchiere per potersi dissetare gratis. In alcuni posti magari ci chiederanno 50 centesimi e subito non mancheremo di inveire contro quei bastardi che ci rapinano per un goccio d’acqua. D’altra parte, i diamanti che in definitiva sono solo delle pietre luccicanti usate come ornamento, se ci fossero offerti a 50 centesimi al bicchiere c’è da scommettere che ne saremmo ben lieti. Ugualmente, se ci presentassimo ad una giovane donna con un bicchiere d’acqua come regalo di fidanzamento, con buona probabilità ben presto diverremmo noi stessi il bersaglio di quel bicchiere.

Questo dilemma, noto anche come “paradosso dell’acqua e del diamante", è il cuore della scienza economica. Adam Smith ne “La ricchezza delle Nazioni” del 1776 individua la questione, ma propone una soluzione sbagliata. Egli, infatti, tenta di risolvere il problema sostenendo che ogni bene venduto sul mercato ha un valore d’uso ed un valore di scambio. Un diamante, quindi, ha un basso valore d’uso ed un alto valore di scambio, così come l’acqua ha un alto valore d’uso ed un basso valore di scambio. Smith supponeva che il valore di scambio di un oggetto derivasse dalla quantità di lavoro necessaria per produrlo, tuttavia egli non si è mai avventurato nella stesura di una teoria che spiegasse concretamente il valore d’uso dell’oggetto.

La teoria del valore-lavoro, l’idea cioè che l’ammontare delle ore di lavoro richiesto per produrre qualcosa determini il valore stesso del bene, comparirà succesivamente negli scritti di Marx, molto probabilmente proprio perché il tentativo di Smith di trovare una soluzione al paradosso dell’acqua e del diamante si dimostrò del tutto insoddisfacente in quanto lasciava la domanda fondamentalmente intatta. Perché siamo disposti a concedere più denaro in cambio di beni dal basso valore d’uso? E soprattutto, perché esiste una dicotomia tra il valore d’uso e il valore di scambio?
Furono domande inevase come queste a dar vita a quella che fu una vera e propria rivoluzione nel pensiero economico, la rivoluzione marginalista, appunto.
In verità, altri pensatori prima di Smith provarono a dare una risposta al dilemma. Fra questi vi fu anche Galileo, che arrivò ad una soluzione vicina a quella marginalista un secolo prima che Smith rendesse nuovamente popolare la questione, pur contribuendo a fare ulteriore confusione al suo riguardo. Ma nessuno vi riuscì finché, grazie al lavoro di Carl Menger, non si dimostrò che il trattamento completo della questione è possibile solo in un contesto in cui sia universalmente applicabile un concetto di valore, ovvero il concetto di utilità marginale su cui è imperniata la teoria soggettiva del valore.

Per comprendere meglio la risposta marginalista al paradosso, immaginiamo di essere nel deserto. Dopo un giorno di vagabondaggio alla ricerca dell’oasi più vicina, ormai ad un passo dalla morte per disidratazione, un tuareg si avvicina. In una mano tiene una bottiglia di acqua, nell’altra un diamante grande come una mela. Ci chiede di scegliere una delle due cose ed ovviamente noi scegliamo l’acqua. Dieci minuti dopo, arriva un altro tuareg che ci fa la medesima proposta e noi nuovamente indichiamo l’acqua. La stessa scena si ripete per dozzine di volte nell’arco di poche ore, al punto che avremo una discreta riserva d’acqua e qualcosa inizierà a mutare nel nostro modo di pensare, fino a quando, gonfi come otri, opteremo per il diamante.

Questo semplice esempio è la dimostrazione della legge dell’utilità marginale. Tale legge stabilisce che quando possediamo più unità di un determinato bene, l’unità marginale – cioè l’unità del bene che non riteniamo indispensabile per soddisfare le nostre necessità – sarà da noi considerata di minor valore rispetto alle altre unità dello stesso bene che già possediamo. La spiegazione è molto semplice: destiniamo la prima unità di un bene all’uso più importante e pertanto gli attribuiamo un valore maggiore: useremo infatti la prima bottiglia d’acqua per mantenerci in vita, la seconda per mantenere un buon grado di idratazione, la terza per lavarci la faccia e la quarta per lavarci i vestiti. Rimanere vivi è più importante di indossare un diamante, ma possiamo tranquillamente rinunciare a lavare i nostri vestiti per un gioiello luccicante.
Non scegliamo mai tra tutta l’acqua e tutti i diamanti, ma soltanto tra l’unità marginale di acqua e l’unità marginale di diamanti. Se i tuareg del deserto venissero a farci la loro proposta al fresco del nostro appartamento climatizzato, non esiteremmo un istante e ci prenderemmo il diamante di gran corsa. L’uso marginale di una bottiglia d’acqua non è più per sopravvivenza, ma semplicemente ci risparmia la seccatura di alzarci per andare a riempire la bottiglia alla fontana. Nel mondo in cui oggi viviamo, l’acqua è talmente abbondante che il suo valore marginale è esiguo, mentre i diamanti, che sono scarsi, hanno un valore elevato.

La teoria dell’utilità marginale è uno strumento potente che può essere usato spiegare molti altri paradossi del mondo moderno. Ad esempio, perché Alvaro Recoba guadagna più di un insegnante di liceo? Forse, (sì, forse) ricevere l’insegnamento scolastico è più prezioso di guardare qualcuno che prende a calci un pallone. Tuttavia, se il mondo perde un insegnante, pazienza, ce ne sono fin troppi e gli effetti negativi sulla società sarebbero davvero irrilevanti – a voler essere cattivi, si potrebbe dire che la società ne trarrebbe solo benefici. Gli insegnanti sono meno scarsi (in termini quantitativi, of course) e più facili da sostituire rispetto ad un fuoriclasse del football. Gli studenti potrebbero essere semplicemente distribuiti fra le aule di altri insegnanti. Di Recoba, invece, ce n’è solo uno e quindi c’è scarsità di talenti sportivi come il suo. Gli insegnanti di liceo invece sono come l’acqua: “importanti”, ma abbondanti, mentre Recoba è un diamante frivolo, ma scarso.

Per concludere, il paradosso dell’acqua e del diamante è uno dei temi più intriganti dell’economia che ha stuzzicato per secoli l’interesse di studiosi e operatori, perciò se la prossima volta la vostra banca dovesse ancora rifiutarsi di farvi depositare qualche cassa di Ty-Nant, non chiedetevi il perché.